Di quando sono diventata coraggiosa grazie a Biancaneve

Da pochi giorni è partita la campagna mondiale Disney “Noi Principesse Sempre” e io per lavoro ne ho scritto su Tv Sorrisi e Canzoni. Intervistando la cantante Noemi, madrina italiana dell’iniziativa, le ho chiesto: «Ti ricordi qual è stata la prima principessa che ti ha toccato il cuore ?». La sua è stata Ariel, La Sirenetta, che con i suoi gorgheggi ha suscitato in lei la passione per il canto. Mentre me lo raccontava, non ho potuto fare a meno di pensare al mio, di “imprinting” con le principesse. Era il 1980, avevo cinque anni, quando il 19 dicembre, a Palermo, mia madre mi portò a vedere al cinema Biancaneve.

Una dotta tonsillite

Ma facciamo un passo indietro. Il primo evento traumatico della mia vita è comunque legato a Biancaneve, a quel cartone animato. Quando mi risvegliai dall’anestesia totale dopo l’operazione per togliere le tonsille ad anni tre, la prima cosa che ho visto è stato un gigantesco nano di peluche: DOTTO. Notate bene che è in assoluto il mio primo ricordo di bambina. Poi una non deve crescere ipocondriaca e amante delle iperboli? Un nano, gigante, in ospedale. Cosa ci può essere di più meraviglioso? Il pupazzo era il regalo del mio padrino di battesimo, Salvo. Un cugino grande, un quasi zio, un oculista, un uomo molto simpatico che mi ha terrorizzato per tutta l’infanzia girandosi le palpebre all’indietro a mostrarmi il lato rosso. Non credo che lo supererò mai. All’epoca ero nana proprio io. Eccomi nella sua stanza, mentre lo guardo allibita:

 

Ma torniamo al cinema. Insomma quel 19 dicembre 1980 mi pare fosse un venerdì pomeriggio.

Né di Venere, né di Marte non ci si sposa e non si parte

Il proverbio ha ragione. Infatti, con mia madre e con mio fratello, in macchina dovevamo andare da Via Duca della Verdura fino a viale Strasburgo che, chi conosce Palermo lo sa: negli Anni 80 come oggi, è un viaggio, dal centro sonnacchioso alla periferia piena di pericolose attrattive. Insomma, “Biancaneve e i sette nani” lo davano al Metropolitan (che oggi è un multisala, non ci sono tornata mai più) “verso” le quattro del pomeriggio. Ciò richiedeva uno sforzo sovraumano: lavarsi e vestirsi in tre, madre, figlia cinquenne e fratello treenne, dopo pisolino postprandiale, trova le chiavi, chiama l’ascensore, è bloccato al terzo piano “ieccaci vuci” (“buttaci una voce”), citofona al portiere, “scendigli” il libretto, prendi la macchina, avviati, cerca parcheggio, trova parcheggio, convinci il posteggiatore abusivo, terza fila, borsetta, trova i soldi spicci (la carta di credito non esisteva e manco il bancomat), paga, biglietti…

Io, mia madre e la strega cattiva

Insomma, ora che arrivammo e ci sistemammo ai nostri posti (che non erano assegnati come oggi, quindi ultima fila dietro signora cotonata e ingombrante), che la regina Grimilde si stava già TRASFORMANDO.

Ora, io non so se vi ricordate la scena. Quindi ve la “embeddo” da YouTube, così Google capisce che so addirittura usare WordPress, anche se questo mi costerà fatica sovrumana, data la mia notoria riottosità  tecnologica.

L’avete visto? Va bene, anche se siete pigri, e non l’avete visto perché VI FA PAURA, vi riassumo gli ingredienti del filtro magico: polvere di mummia, il nero della notte, risata di strega, urlo di terrore, turbine di vento, schianto di folgore per mischiare il tutto. E poi una grafica tipo Vertigo di Hitchcock, le mani scheletriche e la voce, quella voce…

Mio fratello, che aveva tre anni, si mise a piangere. Io facevo finta di nulla, ma ero terrorizzata anche se non vedevo già bene. Avevo appena iniziato la primina, ero già miope, ma dovevo ancora mettere gli occhiali.  Per fortuna non eravamo gli unici, altrimenti mamma ci avrebbe dato il resto delle legnate, perché con quello che costava il cinema, per l’occasione, per lo sbattimento, bisognava come minimo essere educati. Per fortuna, dicevano, piangevano tutti i bambini, ma in realtà non si capiva nulla perché al buio, in sala, c’era tutto un frastuono di starnuti, nasi mocciolosi “Sciukati bbuòno col fazzolettino”, apertura di plastica di merendine portate da casa. Io ero anche infastidita perché avevo un maglione di lana infeltrito sopra una canottiera che mi pungeva sulla pelle e le due cose insieme facevano scintille elettriche per sfregamento. Inoltre ero incavolata nera perché, per vedere “Biancaneve” (già iniziato per giunta), avevo saltato la lezione a scuola di ballo da Nancy (non ho mai saputo se fosse diminutivo di Nunzia o di Concetta), ovvero la mia maestra di danza classica.

Come fu, come non fu, superammo lo shock a pieni voti. Mio fratello si quietò tornato a casa, con un ovetto Kinder portato dal papà. Io, che già sapevo scrivere, fui obbligata da mia madre a scrivere dieci pensierini sul cartone animato.

  1. lavorare in miniera, lavorare tutti?
  2. la mela rossa fa cariare i denti?
  3. lo specchio deforma?
  4. pulire come per magia?
  5. le maniche a palloncino solo con assenso divino?
  6. gli avvoltoi volano sempre in coppia
  7. ma come caspita si chiamava il cacciatore, Eric?
  8. artrite e artrosi deformante delle mani: sintomi, terapie
  9. dove trovo il bicchiere viola per i filtri magici?
  10. il principe azzurro è davvero utile?

Un elenco di temi da approfondire oggi potrebbe essere questo, ma non ricordo bene cosa mi venne in mente da scrivere allora. Mi sovviene però che, per le settimane successive a quel pomeriggio di dicembre del 1980, mia madre quando combinavo qualcosa che meritasse un castigo (per esempio osare sedermi sul divano buono), mi minacciava con la sua versione personalizzata della TRASFORMAZIONE. Brandiva lo zoccolo del dottor Scholl’s o, in alternativa il cucchiaio di legno per girare la salsa, e cominciava a minacciare con la voce, quella voce:

Ti uccideròòòòòòò, Ti soffocheròòòòò

***

‘О μύθος δελοι οτι (leggi: o mythos deloi oti), morale della favola, grazie a Biancaneve ho imparato il valore del coraggio (e della fuga, anche). Così mi sono forgiata il carattere e sono arrivata preparatissima a difendere la mia psiche da ulteriori turbe quando l’anno dopo in televisione ci fu il dramma di Vermicino. Mia madre, infatti, cercò subito di cambiare tattica sfruttando l’eco mediatica del caso:

Se non mi volete bene e non obbedite, mi adotto un altro bambino: Alfredino

Però la minaccia non funzionava più.

Inutile dirvi che Biancaneve è stato il primo e ultimo film visto al cinema con mammina cara. Ma da lì è nato tutto il mio amore per le atmosfere gotiche, i fratelli Grimm, la filologia germanica, Novalis, lo Sturm und Drang, le foreste nere, il Konjunktiv II, fino a Horkheimer o giù di lì.

Poi un bel giorno sono diventata mamma, ed è toccato a me portare al cinema mia figlia per la prima volta. Anche di questo ho parlato con Noemi, che nel 2012 cantava le canzoni di Merida nel film Disney “Ribelle- The Brave”: l’imprinting Disney della mia bambina. Piccolina, aveva appena due anni, ma era già coraggiosissima. Quando ha visto la TRASFORMAZIONE della madre di Merida in Orsa, non ha pianto neanche un secondo: «Mamma, mi fai più paura tu».

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