Segreti di pedagogia moderna nel film Maleficent
Altro che Tata Lucia o Dottor Spock. Tutto quello che c’è da sapere (e da imparare) sulla pedagogia moderna e l’educazione dei figli è racchiuso nel film Maleficent con Angelina Jolie nel ruolo della strega cattiva.
Ho portato mia figlia di 4 anni e mezzo al cinema a vedere il film Maleficent. E già per questo potrei essere etichettata come una pessima madre.
Posso sentirvi, voi e le vostre obiezioni: ma ti pare che porti una bimba così piccola in una sala buissima, al cospetto di draghi incendiari, effetti speciali da urlo, donne con le corna? Poi lei fa gli incubi e le resta il trauma a vita. Invece no. Sono fiera di me.
Perché Maleficent è educativo. Contiene vere chicche segrete di pedagogia moderna.
La dolce attesa è ‘na favola. Maleficent te lo dice già alla festa di battesimo della piccola Aurora: hai da soffrì, mamma, almeno fino al 16° compleanno della pargoletta. Ti mette l’ansia dal primo fotogramma. E tu, madre, sai che dopo l’incantesimo della maternità, ti aspetta un’altra magia: quella di evitare che la creatura perisca, giorno dopo giorno. Il fuso puncicante è una metafora di tutti gli oggetti con cui la tua bambina può accidentalmente ferirsi, stordirsi, crepare. Dalla presa elettrica della lavatrice allo spigolo maledetto del comò.
Le fate madrine sono ‘na sòla. Maleficent te lo spiega immediatamente. Le zie Fiorina, Giuggiola e Verdelia (la versione 2.0, ma sempre molesta, di Flora, Fauna e Serenella) sono semplicemente incapaci di tirare su la bimba senza ricorrere ai superpoteri. Troppo vanitose, troppo vecchie, tre inette. Quindi, guai a mollargli la poppante. Meglio la strega cattiva come babysitter. E io lo so bene. Se lasciassi sola mia figlia con la zia Romilda? La istigherebbe a fumarsi una canna. Se la portassi da zia Matilda? Mi tornerebbe a casa vegana-talebana, pronta a intrecciare giunchi per farne eco-borsette. Le zie hanno bisogno della badante pure per scegliere cosa regalare a un bebè. E anche Maleficent ammonisce: temo le fatine madrine e i loro doni. Disgraziati.
Il principe azzurro è inutile. Maleficent è alquanto femminista: di tutti i maschi in circolazione nel film si salva solo l’uccello. Nel senso del cornacchione nero trasformato in uomo e viceversa da Malefica. Il principe Filippo, invece, non è neanche in grado di baciare con la lingua. Una tragedia. Mia figlia Corinna, alla scuola materna, ne ha già un campionario vastissimo di inutili principini celestini: «Diego è un mollaccione, piange sempre. Matteo è troppo curioso, dice che sotto la mia gonna c’è un tesoro». Ecco. Figurati se questi soggetti, da grandi, saranno in grado di abbattere brughiere di rovi. La mamma, strega cattiva o no, quantomeno è capace di sbrogliarti i nodi dei capelli. Anche a costo di farti piangere un po’.
Il sonno è uno sconosciuto. Maleficent insegna che quando hai un bambino non dormi più. Perché? Perché tu impieghi le ore a fare addormentare tua figlia (Malefica ci ha messo 16 anni, non ce lo dimentichiamo. E ha dovuto smuovere maLi e monti, le nonne nanne non bastavano). MA… se poi la bambina tarda a svegliarsi all’orario giusto, se è più stanca del solito, se sembra svenuta per la febbre, tu, madre, fai di tutto per destarla anziché goderti la quiete, il silenzio, la tranquillità della casa. Le dai un bacio tu, matrigna di una strega cattiva. Lo chiamano VERO AMORE, nel film. Ed è solo quello materno.
Il padre è un latitante. Maleficent ti fa capire che re Stefano è un padre snaturato. Di quelli interessati al potere e alla carriera. Quelli che se ti innamori ti tarpano le ali (te le strappano proprio) e che se tu, donna, osi arrivare a sfondare il soffitto di cristallo, ti combattono. Però poi dalla rupe ci cadono loro. Amen. Mia figlia era molto impressionata: «Mammina, gli sta bene. Malefica si è vendicata finalmente». Vendetta, tremenda vendetta. Tanto vale che si abitui subito all’amara realtà. A cui le fiabe tutte si ispirano.
Insomma, micro recensione: Angelina Jolie è una capra. Ma la sceneggiatura merita. E la cosa più commovente è quando Maleficent apostrofa Aurora con il vocativo: «bestiolina». Mia figlia ora vuole che anche io la chiami così. Perché sono una mamma malefica, forse. O forse solo fica.